Presidente Centro Studi MB2

Nel nome di una Tradizione

Paola Bergamo

IL SUONO DELLA CAMPANELLA

L’alba di una nuova era. La destra sociale assurta al governo è donna.

Una novità epocale incarnata da una persona minuta, intelligente, femminile, riuscita nell’impresa “titanica” di diventare Premier senza essere necessariamente una femminista arrabbiata e pur tuttavia affatto contro le donne, come si vorrebbe far presagire.

Qualcuno dice che, quello che ha giurato sabato scorso, non è un governo di alto profilo. E’ la storia della “volpe e l’uva acerba” di chi con accidia si appresta a giudizi prevenuti, evidentemente nostalgici di personaggi alla Toninelli, Di Maio o Bonafede. Una donna forte, che ha solcato il tappeto rosso senza tacchi, compenetrata nel ruolo e che si è imposta nella politica facendosi da sè, esempio di audacia, coerenza, caparbietà ed empatia, che invece non hanno saputo trasmettere agli elettori i suoi competitor e detrattori.

Un popolo stanco di giochini politici e di veder decadere il Paese nel nome del “poltronismo” incapace e che ha premiato colei che si è proposta, finalmente “sociale”, pronta a ridar dignità di Nazione allo “stivale”. Un restauro che si profila tuttavia faticoso e non privo di trappole e ostacoli.

C’è chi parla di una presunta debolezza della Premier che invece ha saputo gestire (e contenere) i leader eccentrici della sua stessa coalizione, sottolineando che a comandare è lei: non ricattabile.

Le opposizioni masticano amaro e, disorientate, restano in attesa speranzose di un passo falso per riprendere il “gioco delle tre carte” o approcciarsi con le “mosse del cavallo”. Meloni, però viene dalla borgata, non è espressione dalle élite, ha faticato e patito per arrivare all’agognata meta: non si farà abbindolare consapevole di aver vinto , una partita propria, ma espressione, finalmente, di una “pari opportunità” non di facciata per tutte le donne, conscia di poter attrarre a se, lavorando bene, anche tutto quel 40% apatico o disilluso che non si è presentato alle urne.

Così, l’unica rassicurazione che Meloni è tenuta a dare, non è a opposizioni o potentati vari, ma al paese tutto che abbisogna di tutto.

I talk show e i media main stream hanno già iniziato il processo alle intenzioni e la caccia alle streghe, analizzando pure il retro-pensiero che si celerebbe nel mutato nome dei ministeri. Invece non c’è retro-pensiero ma pensiero schietto: il richiamo alla Nazione, al Made in Italy, alla Sovranità Alimentare per restituire all’Italia dignità e forza così come ideare un Ministero del Mare è forte segno di visione, di riposizionamento politico, geopolitico, geoeconomico, con pure un sapore poetico oltre che storico restituendo all’Italia la sua centralità mediterranea.

Naturalmente oltre alle parole e alle buone intenzioni servono i fatti. Diamole il tempo di lavorare. Sono in tanti a far fatica ad accettare la svolta storica in atto. Con il governo Meloni l’Italia ha imboccato una via identitaria forte, riscoprendo che si può sdoganare l’orgoglio di Nazionale, restando fermamente atlantisti e europeisti.

È volontà di popolo concretizzatasi in realtà politica, salutata, con significativa ed eloquente cordialità sullo scalone di Palazzo Chigi, dal Ministro uscente Mario Draghi che l’ha accolta alla fine di quel tappeto rosso, solcato dalla nuova premier un po’ emozionata, dopo un lungo colloquio prima del suono della fatidica Campanella.

Un sospiro di sollievo, tutto filato liscio seguendo il protocollo e l’augurio di buon lavoro nell’interesse di tutti.

 

Paola Bergamo