Con qualche nota di nostalgia penso ai mie diciotto anni. Riaffiora il ricordo delle due cose che desideravo di più: prendere la patente e poter anch’io, finalmente, andare a votare! Significava coronare quel bisogno di una libertà più grande: quella di muovermi con la macchina come facevano gli amici e quella di poter dir la mia cioè contare nella società. Ieri pomeriggio a Venezia c’erano due signore eleganti che passeggiavano per Rialto e si raccontavano delle vacanze. Mi piace osservare le persone. Una visibilmente abbronzata era appena tornata dal mare; l’altra più pallida raccontava che aveva scelto di andare in vacanza solo a settembre proprio nella settimana delle votazioni contenta di sottrarsi, a suo dire, dall’inutile incombenza del voto tutta convinta che fosse una perdita di tempo recarsi alle urne. E’ stata proprio quest’ultima affermazione a proiettarmi, come fossi a bordo di una macchina del tempo, ai miei diciotto anni. Un diritto, quello di voto, che invece ho puntualmente esercitato nella convinzione che la libertà non è stare sopra un albero …ma è partecipazione, che l’uomo ha bisogno di spaziare con la propria fantasia e che trova questo spazio solamente nella sua democrazia, proprio come nei versi di Giorgio Gaber! C’è da dire che non è solo un fenomeno italiano l’astensionismo. I fautori del non voto sono ovunque e ritengono che sia il miglior modo per esprimere dissenso e disgusto cioè dire alla politica “ non ci sto!” Ma alla fine il non voto potrebbe proprio fare il gioco di chi più ci ha deluso o indignato magari rendendo tutto più semplice a chi attraverso una cosidetta “politica” persegue interessi che non hanno niente a che vedere con la “Politica” .
Alle prime elezioni della camera dei deputati ( 1948) partecipò il 92,23% del corpo elettorale e le percentuali rimasero comunque tra le più alte del mondo occidentale fino agli anni ‘80. Il consistente calo dell’affluenza alle urne è coinciso con la “questione morale”, con lo scandalo della corruzione nei partiti politici, con lo scandalo di Tangentopoli fino all’ avvento della seconda Repubblica in uno percepito continuo scadere del panorama politico nazionale . Urge da parte dei partiti il recupero di credibilità e capacità organizzativa. Serve affrontare seriamente il tema della educazione alla democrazia e invertire la rotta della disaffezione. Gli astensionisti si illudono di poter far traballare il sistema. Ma non è così, anzi! Oggi il numero dei non votanti si aggira attorno al 40%. E’ un numero grande, importante che potrebbe fare la differenza. Ma questo numero di cittadini se non vota, politicamente conta zero e fa il gioco di chi vede nel popolo non un soggetto politico ma un mero gregge di consumatori, un gregge passivo e ininfluente, un gregge destinato, però, a patire tutte le conseguenze della mala rappresentatività. I tempi che viviamo sono certo complicati e complessi. A volte la voglia di girarsi dall’altra parte, chiamarsi fuori, è tanta! Ci si è rassegnati al fatto che nulla possa cambiare. Invece ogni singolo voto può far la differenza. Vi è un’Italia che deve volersi salvare, il 25 settembre andiamo tutti a votare!
Paola Bergamo